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TEMPO DI LUPI

07 Aprile 2008

In uno sconosciuto villaggio montano, da anni governava un uomo venuto dal nulla.
Dal principio era giovane, umile ed ingenuo. Gli amici lo vollero eleggere capo. Il villaggio divenne ridente.
Tutto sembrava andare per il meglio, erano tempi opulenti in cui il passato di stenti e sacrifici a cui era abituato era un brutto ricordo.
Col passare degli anni, ebbe importanti cariche, il successo, la ricchezza, il potere e, piano-piano, alla giovinezza si sostituì la vecchiaia, all’umiltà l’arroganza ed all’ingenuità la dedizione al tradimento. Tutto ciò che gli stava inizialmente a cuore passò in second’ordine: gli affetti, il rispetto altrui, l’amicizia.


L’ingordigia aveva avuto in lui il sopravvento. Di tutto quanto lo circondava gli interessava solo una cosa: la sua persona.
Il suo impegno, ormai, era profuso ad aumentare il suo potere, il suo impero, i suoi interessi. Tutte le sue azioni erano improntate, anche se camuffate di amore verso il prossimo, al aggiungimento dei suoi scopi,dei suoi obbiettivi.
Si dedicava, ormai, a dare e fare solo per tutelare i propri interessi, per tornaconto personale. E’ l’inizio della fine. Le persone che un tempo gli erano amiche, ad uno ad uno incominciavano a prenderne le distanze, iniziava il vuoto intorno a lui. I veri amici lasciavano il posto ai numerosi arrampicatori di turno che gli si attorcigliavano addosso, fino a quando non ottenevano ciò che desideravano per loro, parenti ed amici. Era un continuo chiedere e dare. Si era creato attorno una corte costituita da persone interessate che, se non ottenevano la centunesima richiesta, erano capaci di disconoscere le altre cento, precedentemente ottenute.
Di fronte a cotanto mal costume si percepiva lontano un miglio che nella comunità serpeggiava un sottile e perforante malumore. Occorreva rompere il sistema, cambiare e ridare al popolo persone giovani, umili, ingenue.
Un gruppo di essi si organizzò e si assunse l’onere di guidare la comunità. Fra tutti ve ne era uno in particolare che, quantunque non ne avesse capacità ed autorità alcuna, voleva a tutti i costi ergersi a loro capo e continuare a governare seguendo la stessa strada che si era reso necessario abbandonare definitivamente. Non tutti si vollero sottomettere. Naturale fu a quel punto che si formassero due gruppi: uno definitosi uomini liberi e l’altro gli amici del figlio di papà. Quest’ultimi, forti di una costretta superiorità numerica, come impazziti, si aggiravano sulle vie e tra le case del villaggio. Non sapevano che cosa cercare e, quindi, cosa realmente volere. Davano morsi a destra e a manca.
In men che non si dica l’intero villaggio fu distrutto. Ma venne l’inverno e calò il freddo.
Occorreva alla svelta ricostruire tutto, salvare il salvabile.
Gli incapaci si misero al lavoro. Si improvvisarono condottieri, cercarono di ricostruire il villaggio da loro stessi precedentemente distrutto, ma ormai tutto era perduto. Il popolo guardava, osservava e giudicava coloro che tanti guasti avevano creato e tanti danni avevano provocato.
E loro? Pur di riconquistare un posticino nel cuore dei popolani, tra imprecazioni e bestemmie, facevano a gara a rinnegare l’appestato padre, colui che li aveva procreati, cresciuti e famati.
E’ tempo di lupi!

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