In Calabria 180.000 giovani emigrati in 15 anni
Oltre 180.000 giovani calabresi hanno fatto le valigie, lasciando la loro regione, negli ultimi 15 anni. E tra i laureati quasi 60 mila sono emigrati con il 63,5% tra i più giovani. Il dato emerge dal consueto rapporto annuale sull’economia locale realizzato dall’istituto Demoskopika per conto della Banca di Credito Cooperativo Mediocrati. Giovane under 35 anni, prioritariamente di sesso maschile, preferibilmente laureato, meglio se con un dottorato di ricerca in tasca. È questo l’identikit prevalente del “cervello in fuga”, fenomeno crescente – si fa rilevare nel rapporto – che oltre alle gravi conseguenze per le speranze di crescita del territorio calabrese genera anche costi sociali legati alla perdita delle risorse economiche impiegate per l’istruzione dei laureati che poi decidono di lasciare la Calabria. Sul versante della congiuntura economica, l’indagine mostra un 2017 caratterizzato da alcuni segnali di miglioramento congiunturali dopo la condizione di maggiore stabilità del biennio precedente. Miglioramenti riscontrabili anche dalle previsioni degli imprenditori: nel 2018, l’indice di fiducia generale, con un valore pari a 98,5 punti, registra il suo picco massimo dal 2007.
Al 31 dicembre 2017 i calabresi residenti fuori dei confini nazionali sono risultati essere 406 mila pari al 7,9% del dato complessivo italiano che, alla data di riferimento, è pari a 5,1 milioni iscritti all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (AIRE). Un dato – si sottolinea – che colloca la Calabria al sesto posto preceduta da 5 realtà regionali demograficamente più popolose: Sicilia con 756 mila residenti all’estero pari al 14,8% del totale nazionale, Campania con 496 mila cittadini (9,7%), Lombardia con 473 mila cittadini (9,2%) Lazio con 451 mila cittadini (8,8%) e Veneto con 407mila (8%). Anche rispetto alla popolazione totale residente nelle singole regioni italiane, quelle che subiscono maggiormente il fenomeno dell’emigrazione sono situate al Sud con la Calabria nelle posizioni di testa. In cima il Molise che vede all’estero un numero di corregionali pari al 28,4% della propria popolazione, la Basilicata con il 22,6% e la Calabria con il 20,7%, seguita dalla Sicilia con il 15%. Dal 2002 al 2016 su un totale di 291.946 persone emigrate, la gran parte, l’84,2%, si e’ diretta verso altre regioni italiane (in totale 245.801) e il 15,8% verso l’estero (46.145). Considerando i trasferimenti interregionali oltre la maggioranza, il 58,9%, ha avuto come direttrice le regioni del Nord-Italia (144.767), il 25,5% il Centro (62.162), la rimanente parte nell’area Mezzogiorno (regioni del Sud 10% e Isole 5,7%, in totale).
Rispetto all’età, quasi due terzi dei flussi migratori interni ed esteri, il 62,4%, si colloca nelle le fasce più giovani fino ai 34 anni (in totale 182.262), il 27,1% ha interessato le classi 35-59 anni (79.251), mentre una consistenza minore (30.433) è relativa alle fasce di popolazione più anziana degli over 60 anni, il 10,4%. Più della metà dei flussi di popolazione emigrata durante il periodo 2002-2016 (il 50,8%, in totale 148.267 persone) possiede un livello di istruzione medio-alto. Più precisamente, circa un quinto, ossia il 19,6% è in possesso di laurea o titolo universitario, in totale 57.215 persone (in media 3.814 per anno); il 31,2% possiede un diploma (91.052), mentre l’altra metà il 49,2% (143.679) presenta un basso grado di istruzione, ossia il 27,5% la licenza media e il 21,7% nessun titolo o licenza elementare.
Analizzando il sottoinsieme della persona più qualificate e istruite in possesso di laurea o titolo universitario, si nota degli oltre 46mila emigrati all’estero, il 12,8% (in totale 5.884) è in possesso di laurea, percentuale questa che sale al 20,9% (in totale 51.331) considerando i flussi regionali interni. Ma il dato più significativo riguarda ancora una volta l’età: quasi 2 laureati su 3, il 63,5% del totale, appartiene alle fasce di età più giovani fino a 34 anni, in valore assoluto 36.358 persone. Con il 38% di laureati magistrali nel 2011, la realtà regionale a detenere il primato negativo dei giovani che a 5 anni dal conseguimento del titolo universitario ancora non lavorano è proprio la Calabria. Un dato emerso analizzando l’ultima indagine dell’Istat sulla condizione professionale dei laureati, confermando le difficoltà di inserimento nel mondo del lavoro da parte dei giovani, in particolare per i laureati che risiedono o dimorano nel Sud Italia. E in testa si colloca la Calabria seguita da tutte le altre regioni del Mezzogiorno: Molise (36,3%), Basilicata (35,3%), Sicilia (32,8%), Puglia (29,2%), Campania (28,4%), Sardegna (25%) e, infine, Abruzzo (22,7%). Quasi un analogo andamento si registra per i giovani che hanno conseguito una laurea triennale, in questo caso la Calabria è ultima in graduatoria insieme ad altre regioni del Sud, mentre in cima troviamo giovani residenti nelle regioni del Nord.
L’opinione degli imprenditori, rispetto anche a tutti i settori di appartenenza, si può dire che è quasi unanime quando si parla di gravità e incidenza del fenomeno della fuga dei cervelli: oltre il 90% si trova d’accordo sul fatto che sia un problema rilevante; di questi, quasi un terzo, il 63,9%, è convinto che si tratti di un problema molto grave, diffuso e strutturale della nostra economia, e il 30,4% abbastanza grave ma dovuto principalmente agli andamenti economici e alla crisi. Fra le cause strutturali che, secondo gli imprenditori, incidono maggiormente sulla scelta dei giovani di espatriare o emigrare in altre regioni c’è sicuramente la mancanza di opportunità di lavoro adeguate alle aspettative, capacità e titolo di studio dei giovani: è il 52,2% ad esserne convinto. A seguire, subito dopo, altre motivazioni strettamente legate alla prima, ossia la mancanza di sicurezza e stabilità del lavoro (48%) e le basse retribuzioni (33,9%). Un imprenditore su quattro, è del parere che mancano le prospettive di carriera (25,5%), mentre quasi una stessa percentuale (23,3%), pone l’accento sulle tasse elevate e la burocrazia che rendono difficile fare impresa (23,3%). Un fenomeno – si fa rilevare – che porta con se delle conseguenze preoccupanti per il sistema economico e sociale calabresi tra cui primeggiano, secondo il sistema imprenditoriale, il grave spreco di capitale umano giovanile qualificato (39,1%), la perdita di risorse economiche impiegate per la formazione dei giovani che poi emigrano lasciando la propria terra di origine (32,9%), il declino demografico e spopolamento dei territori (32,4%) e, infine, la perdita di competitività e trasferimento di forza lavoro a tutto vantaggio principalmente delle regioni del Nord (30,7%).